Anche rispetto alle commissioni di massimo scoperto (c.m.s.) si era generato un rilevante contrasto giurisprudenziale e cioè se tale onere o remunerazione dovesse farsi rientrare o meno nel calcolo del T.E.G. che rileva ai fini della rilevazione del carattere usurario della pattuizione.
Innanzitutto con tale ”commissione” – variamente definita come c.m.s. (commissione massimo scoperto), c.d.f. (commissione disponibilità fondi) od anche c.i.v. (commissione istruttoria veloce) – si intende, secondo la definizione più diffusa, quell’onere che viene imposto per remunerare l’impegno che la Banca si assume nel tenere a disposizione del cliente (affidato e/o accreditato) una determinata somma di denaro e per un periodo di tempo determinato o indeterminato e ciò indipendentemente dal suo utilizzo.
Si erano delineati due contrapposti orientamenti che si differenziavano rispetto all’inclusione o meno di tale onere nel calcolo del T.E.G. (tasso effettivo globale) che rileva ai fini dell’usurarietà anche nel tratto anteriore al gennaio 2010 per effetto dell’art 2-bis, comma 2 della legge n. 2 del 2009 che l’aveva regolamentata

Si segnala quindi la recente sentenza n. 16303 del 20 giugno 2018 (2) con la quale la Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha risolto la vexata quaestio della rilevanza della commissione di massimo scoperto ai fini del calcolo del TEG per il periodo antecedente al 1° gennaio 2010 enunciando il seguente principio di diritto: “Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati”.

In altri termini, secondo il Supremo Collegio, è necessario svolgere una doppia comparazione, la prima tra il TEG e il tasso soglia e la seconda tra la commissione di massimo scoperto concretamente applicata e quella ”soglia”.
Effettuata questa operazione, occorre compensare l’importo dell’eventuale eccedenza della commissione di massimo scoperto con il margine degli interessi che sia eventualmente residuato, da calcolarsi sottraendo il TEG alla soglia di legge: sussisterà usura qualora a seguito di detta compensazione dovesse sussistere ancora un importo residuale.
Le Sezioni Unite hanno chiarito in primo luogo che l’art. 2 bis D.L. n. 185 del 2008 non “possa essere qualificato [come] norma di interpretazione autentica dell’art. 644 quarto comma cod. pen.” ed, in secondo luogo, hanno richiamato le modalità di calcolo inserite nel Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 evidenziando come tali modalità siano rispettose del dettato normativo e permettono una piena comparazione tra i tassi concretamente applicati e quelli soglia in maniera da individuare in modo preciso il superamento di tale soglia qualora il tasso in concreto applicato – incluse le commissioni di massimo scoperto – sia effettivamente eccedente la stessa.