La prima sezione della Corte di Cassazione con una sentenza del 31.08.2021 prende posizione in tema di clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile nei contratti conclusi tra professionista e consumatore. Tali clausole possono essere qualificate come vessatorie o abusive, e pertanto, sono da ritenere affette da nullità, ove siano tali da ritenere a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e ciò anche ove riguardino la stessa determinazione dell’oggetto del contratto o l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi.

La fattispecie specifica riguardava una clausola contrattuale di un mutuo volta all’indicizzazione del capitale al tasso di cambio tra l’euro e una valuta estera: la Suprema Corte è giunta a censurare la ricostruzione del giudice di merito, il quale ne aveva escluso la nullità ai sensi degli artt. 33, 34 e 36 del Codice del Consumo, nonostante la qualificazione della predetta clausola come non chiara. La conclusione della Corte d’Appello territoriale si fondava sull’assunto secondo il quale solamente le clausole vessatorie – e non anche quelle “ambigue” – siano da ritenere viziate da nullità.

Di contro, a seguito di un’attenta disamina delle disposizioni comunitarie (Direttiva 1993/13/CEE in materia di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori) puntualmente trasposte nel Codice del Consumo, il giudice di legittimità ha evidenziato come, attraverso una lettura del combinato disposto di cui agli artt. 33 e 36, I, 35, I, 34, II, Cod. cons., le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile siano da ritenere vessatorie/abusive nella misura in cui siano tali da determinare un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a carico del soggetto debole.

In materia si è pronunciata in diverse occasioni anche la Corte di Giustizia UE (da ultimo, sentenza del 03.03.2020), la quale ha chiarito come il sistema di tutela del consumatore di matrice europea sia interamente fondato sulla posizione di svantaggio informativo in cui versa quest’ultimo contraente rispetto alla controparte (professionista) nella fase precontrattuale.

Ne discende che i requisiti della chiarezza, trasparenza e comprensibilità cui deve essere informata la redazione delle clausole contrattuali debbano essere intesi in senso estensivo, dovendo le stesse essere tali da permettere al soggetto debole stipulante di comprendere con sufficiente precisione quali conseguenze possano scaturire a suo vantaggio dalla stipula, anche sotto il profilo economico.
Nel caso specifico dei contratti di credito, ciò comporta la necessità di una loro formulazione chiara, in modo tale da permettere ai mutuatari di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa.

Dott.ssa Giorgia Lucchi

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