Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 9 novembre 2020 n. 6861) ribadisce i criteri che debbono essere utilizzati dalle stazioni appaltanti nel procedimento di verifica della anomalia della offerta e i limiti del relativo sindacato giurisdizionale.

Posto che la verifica di anomalia non ha ad oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di garantire un serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta (Cons. Stato, Sez. V, 30 marzo 2017, n. 1465), costituisce jus receptum che il sindacato di legittimità può riferirsi alle valutazioni svolte dalla stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia solamente nei limiti della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, oltre che della congruità della relativa istruttoria, ma non può in alcun modo tradursi in una nuova verifica di merito, trattandosi di questione riservata all’esclusiva discrezionalità (tecnica) dell’amministrazione, con la conseguenza che, quando le valutazioni dell’amministrazione in ordine alla congruità della offerta, pur in ipotesi opinabili, siano tuttavia ampiamente motivate sotto il profilo tecnico discrezionale e fondate su dati, anche statistici, non errati né travisati (o del cui errore o travisamento non sia stata fornita alcuna dimostrazione in giudizio), non può che concludersi per il rigetto della relativa impugnazione (Cons. Stato, Sez. V, 9 novembre 2020 n. 6861).

Ancora una volta dunque la giurisprudenza di Palazzo Spada limita il sindacato giurisdizionale ai soli casi di illogicità, irragionevolezza ed incongruità della azione amministrativa, escludendo invece nuove valutazioni di merito, che rimangono riservate alla sola stazione appaltante.

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sentenza PDF