Il Consiglio di Stato, con recentissima sentenza (Sez. V, 19 maggio 2021 n. 3892), ribadisce alcuni principi cardine della materia, che è quantomai utile ricordare:

  • La domanda ex art. 122 CPA, di dichiarazione d’inefficacia del contratto e subentro nell’affidamento, va respinta allorquando il contratto d’appalto risulti stipulato da tempo e si trovi in stato avanzato di esecuzione.
  • La domanda di risarcimento del danno per equivalente, in favore dell’impresa seconda classificata in graduatoria che sia stata illegittimamente privata – in conseguenza del provvedimento impugnato – dell’affidamento che le sarebbe spettato, va accolta qualora ricorrano gli elementi per l’integrazione della responsabilità a carico dalla stazione appaltante, vale a dire 1) l’illegittimità del provvedimento 2) il consequenziale danno in capo all’impresa per non aver ricevuto l’affidamento della commessa che avrebbe altrimenti conseguito.
  • La responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità è in questo settore improntata – secondo le previsioni eurounitarie – a un modello di tipo oggettivo disancorato dall’elemento soggettivo, coerentemente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio (inter multis, Cons. Stato, V, 1 febbraio 2021, n. 912; IV, 15 aprile 2019, n. 2429; V, 2 gennaio 2019, n. 14, 25 febbraio 2016, n. 772; in relazione agli appalti cd. “sotto-soglia”, cfr. CGA, 7 novembre 2017, n. 478; Cons. Stato, V, 8 novembre 2012, n. 5686).
  • Va riconosciuto il risarcimento del danno per lucro cessante, pari all’utile che la seconda classificata avrebbe conseguito in caso di affidamento del servizio, purché l’impresa ne offra prova specifica (con documentazione contabile atta allo scopo) e comunque con decurtazione di una quota (secondo i principi affermati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 12 maggio 2017, n. 2) per l’aliunde perceptum vel percipiendum, che può essere equitativamente determinata nella misura del 50%.
  • Il danno cd. “curriculare” (ovvero il pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto, meglio definito anche dalla giurisprudenza quale “pregiudizio alla capacità competitiva dell’impresa di concorrere sul mercato e dell’attitudine ad aggiudicarsi ulteriori appalti futuri”) può essere riconosciuto solo se ne vengono offerti elementi dimostrativi, con specifica e circostanziata indicazione ai fini della relativa enucleazione (cfr. al riguardo, inter multis, Cons. Stato, V, 20 gennaio 2021, n. 632; 12 novembre 2020, n. 6970; III, 22 luglio 2020, n. 4685; 10 luglio 2020, n. 4462; 5 marzo 2020, n. 1607; già Ad. plen., n. 2 del 2017, cit.).
  • Sulle somme liquidate sono dovuti gli interessi legali.

Il Consiglio di Stato, sulla base dei principi affermati, ha respinto la domanda dell’impresa seconda classificata di dichiarazione d’inefficacia del contratto e ne ha accolto quella risarcitoria per lucro cessante, ma non quella per danno curriculare, ritendo questa ultima non provata.

Il Collegio, come troppo spesso accade, ha però vanificato, almeno in parte, l’effetto positivo della decisione, con l’ingiustificata (a parere di scrive) compensazione integrale delle spese di lite, sul presupposto della particolarità e complessità della fattispecie.

CdS-SezV-19052021_n3892.pdf